Il Presidente di Social Change School, Marco Crescenzi, ha intervistato Paolo Pastore, Direttore Generale Fairtrade Italia, durante il Coffee Break with the Nonprofit Managers tenutosi il 2 aprile 2020 via Zoom. Pastore ha descritto le attuali priorità di Fairtrade e le operazioni più rilevanti durante questo periodo di crisi mondiale.
Come sta e come ha vissuto questa fase di crisi?
Grazie Marco per questa opportunità. Alcuni di voi mi conoscono, altri ho il piacere di incontrarli in questo spazio virtuale. In Fairtraide abbiamo avuto la cognizione di causa che qualcosa stava succedendo perché avendo anche delle sedi in Asia abbiamo sentito gli allarmi già a Gennaio e gradatamente abbiamo messo tutta la struttura di Fairtraide delle varie sedi che sono in lockdown al lavoro da remoto. Siamo circa 800 colleghi intorno al mondo e lavoriamo da remoto in Asia, Africa, America Latina e cosi via a scalare. La cosa che personalmente ho vissuto è la necessità di avere resilienza nella disciplina e credo che anche dare disciplina alle persone mi aiuti a gestire lo staff che dipende da me in Italia e anche a gestire una serie di attività a livello internazionale. La disciplina ti aiuta la mentalità e a cercare di dare un po’ di ordine alle cose. Come Fairtrade siamo molto preoccupati per quello che potrebbe succedere nei paesi in cui abbiamo circa un milione e settecento mila coltivatori, lavoratori della terra che lavorano nelle varie cooperative all’interno del sistema Fairtrade. Come misura primaria abbiamo spostato tutte le risorse del premio Fairtrade, che in un anno genera circa 50 milioni di risorse parametrate sui vari mesi, all’intervento di tipo sanitario e di sicurezza per i lavoratori che lavorano nelle farm, nelle piantagioni o nelle cooperative. Stiamo vedendo un impatto negativo in particolare nella produzione dei fiori Fairtrade in Africa, ma le altre filiere come quelle del cacao o del caffè o della frutta fresca sono per il momento in sicurezza e stiamo spendendo tutte le risorse possibili per garantire un minimo di barriera sanitaria e di certezza a queste persone. Questo è un po’ il nostro obiettivo e quello su cui abbiamo lavorato nell’ultimo mese.
Cosa stiamo imparando, cosa ci vogliamo portare e ricette per uscirne?
Cosa ci ispira per il futuro? Secondo me la parola che dovrebbe guidare la nostra azione è disruption, cercare di pensare di immaginare qualcosa che sia possibile anche al di fuori dei nostri canoni normali. Per noi è stato rivedere ad esempio l’operatività riguardo l’intervento sanitario nei PDS. Credo sia importante che in tutte le nostre organizzazioni cerchiamo di fare un salto di qualità pensando a qualcosa che non avevamo mai pensato e fare delle cose nuove.
La seconda cosa è che reputo che bisogna crescere ancora in professionalità e qualità delle nostre imprese, perché solo così possiamo veramente dimostrare che la cooperazione funziona. A volte abbiamo ancora dei modelli in testa un po’ vecchi e difficoltosi da gestire. Se siamo disruptive e pensiamo a dei modelli nuovi dobbiamo pensarli con la qualità che richiede una grande impresa per portare i nostri valori nell’economia.