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‘Conosciamoci!’: Susana Ferreira, Coordinatrice del Master HOPE ed esperta in Sicurezza e Relazioni Internazionali

In questo nuovo capitolo di “Conosciamoci” incontriamo Susana Ferreira, Coordinatrice del Master HOPE – Humanitarian Operations in Emergencies Managing Projects, People, Administration & Logistic in the field. Ciò che si nota immediatamente quando si incontra Susana sono la sua personalità energica e il suo sguardo acuto, e ci si sente immediatamente a proprio agio in sua compagnia. 

 

Ciao, Susana! Puoi presentarti ai nostri lettori?

Mi chiamo Susana, sono portoghese e vivo a Madrid da ormai più di 4 anni. Ho iniziato a lavorare con lo staff della Social Change School lo scorso giugno e ricopro il ruolo di coordinatrice del Master HOPE.

Ho iniziato a lavorare come volontaria quando ero piccola, facevo parte degli scout e ho fatto volontariato per la comunità cattolica. Dopo di che, una volta laureata, ho contattato una NGO che concentrava il proprio lavoro a favore dei migranti, perché volevo fare qualcosa per gli altri. La mia prima esperienza più professionale nel terzo settore. È così che tutto ha avuto inizio per me: dopo questo primo periodo di volontariato, mi è stata data l’opportunità di lavorare come mediatrice.

 

Hai recentemente scritto un articolo sul blog della Social Change School sul tema della migrazione e del traffico di essere umani, problematiche che hai studiato durante il tuo Dottorato.

Ho iniziato a lavorare con i migranti prima di tutto come volontaria, in seguito con una NGO e infine ho deciso di inseguire il mio sogno anche a livello accademico, così ho fatto il Dottorato in International Relations, concentrandomi su Migrazione e Sicurezza.  Collaboro tuttora con l’Università Complutense qui a Madrid. Come parte dell’esperienza sul campo, ho visitato le città spagnole di Ceuta e Melilla, dove ho avuto l’opportunità di vedere da vicino la realtà dei migranti che cercano di entrare nel territorio europeo.

 

Quale è stata l’esperienza più forte che hai dovuto affrontare?

Proprio il giorno in cui stavo visitando uno dei centri di Melilla si è verificato il passaggio di frontiera più numeroso, persone che saltavano le recinzioni ed entravano nella città di Melilla. Ho visto i migranti quando erano già nell’altro lato, quello spagnolo, macchiati di sangue, con i vestiti strappati. Quello che più mi ha colpita e che considero essere il momento più scioccante, è stato vedere come, seppur ricoperti di sangue e in condizioni fisiche terribili, avessero tutti un grandissimo sorriso nei loro occhi. Era la felicità di aver superato il confine, di essere ormai dall’altra parte… Il momento più toccante che io abbia mai sperimentato. Alla fine di questa esperienza io stessa avevo un grande sorriso stampato sul mio viso per aver visto la felicità dei migranti di aver raggiunto il loro obiettivo di toccare il suolo europeo; non sapevano cosa sarebbe successo dopo, ma almeno erano qui.

 

È cambiato qualcosa in te dopo questa esperienza?

Assolutamente sì.

In termini di percezione: la migrazione è un fenomeno estremamente complesso, alle volte può essere così intangibile che gli studi non possono comprenderne completamente il senso e le motivazioni. Oltre a questo, ho capito quanto è importante essere forti se si vogliono raggiungere i propri obiettivi. Bisogna continuare a lottare ed essere motivati anche ne momenti più difficili; e se ci riesci, anche se può essere effimero, per qualche minuto hai raggiunto il tuo obiettivo.

 

Altri momenti difficili nella tua carriera fino a questo momento?

Quando lavoravo come mediatrice per una NGO locale. Una buona parte del mio lavoro era quella di fare servizio sociale; mi ritrovavo spesso ad affrontare problemi di persone che vivevano in condizioni pessime. I momenti più difficili erano quelli in cui persone che non mangiavano da giorni venivano a chiedere aiuto… Vi spiego meglio come funzionava: l’organizzazione dava ai bisognosi informazioni su dove andare per ottenere quello di cui avevano bisogno, normalmente cibo e riparo. Quindi il mio lavoro era quello di portarli alle organizzazioni che gli avrebbero fornito ciò di cui avevano bisogno; ma era davvero molto difficile… Alcune persone non mangiavano da giorni e cercavo comunque di dare loro quello che avevo. Ricorderò sempre un’immagine sconvolgente: un uomo che viveva in condizioni terribili, circondato da ratti… Alle volte il senso di impotenza era schiacciante, sapere di non poter far nulla per aiutare quelle persone mi faceva sentire insoddisfatta e irrequieta.

 

Quale è la cosa che ti piace di più del tuo lavoro attuale nella Social Change School?

La possibilità di unire le mie due passioni: lavorare per il cambiamento sociale e la parte accademica. Essere la coordinatrice di un Master riesce a unire le mie più grandi passioni.

Ad esempio, seguendo la field experience di HOPE presso la Base UNHRD di Brindisi – esperienza didattica fortissima, ho potuto anche visitare il campo rifugiati di San Pietro (a Brindisi) e fare alcune interviste utili sia all’Università che Social Change School

 

Quale è la causa che ti preme e ti interessa più di tutte?

Sicuramente la migrazione, perché in fondo è qualcosa che tocca tutti quanti; la maggior parte di noi ha sperimentato la migrazione in un modo o nell’altro. Io stessa sono un’immigrata, visto che sono portoghese e ora vivo in Spagna. È una realtà con cui entriamo tutti in contatto, direttamente o indirettamente, e visto che è qualcosa che molto spesso diamo per scontato, corre il rischio di diventare una sfida spesso trascurata, per quanto riguarda per esempio i problemi di integrazione che potrebbero verificarsi, tra le altre problematiche ovviamente. Penso che la migrazione internazionale al momento sia una delle sfide internazionali più grandi, perché viviamo in Europa e la gente si sta spostando e credo che la comunità internazionale non sia ancora preparata.

 

Per concludere questa intervista, hai un piccolo spazio motivazionale: quale messaggio vuoi lasciare ai nostri studenti e a chi lavora nel settore del non profit?

Credo che trovare qualcosa che ci appassiona veramente sia la chiave per essere più felici, sia a livello lavorativo che nella vita privata, e ci da la forza per superare i tanti momenti difficili.

 

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