Farida Bena | 6 settembre 2016| Adviser ASVI Social Change, già Oxfam International
Da circa un anno e mezzo lavoro per la CPDE, una coalizione dall’enigmatico acronimo che sta per (fate un bel respiro) Civil Society Organisations Partnership for Development Effectiveness. La CPDE raduna oltre 4.000 associazioni attorno al tema della qualità degli aiuti allo sviluppo dei paesi del Sud del mondo. Si tratta di realtà locali, come di grandi ONG internazionali, sindacati e organizzazioni regionali, tutti impegnati a rendere più efficace la cooperazione per contribuire a sradicare la povertà globale e a ridurre le disuguaglianze sociali.
La CPDE nasce ufficialmente nel 2012 come risposta della società civile al lancio dell’Alleanza Globale per una Cooperazione Efficace allo Sviluppo (GPEDC), che riunisce governi e rappresentanti del settore privato, società civile, parlamentari e altri attori chiave dello sviluppo. In realtà, però, la storia della CPDE affonda radici più profonde che ci riconducono al dibattito su quantità e qualità della finanza per lo sviluppo globale dei primi anni 2000.
Con l’avvento della crisi finanziaria globale nel 2008, e dei progressivi tagli alla cooperazione da parte dei governi donatori (tra cui anche l’Italia), l’aspetto qualitativo degli aiuti ha acquisito sempre maggior importanza. Se da un lato la società civile – all’epoca riunita nella coalizione BetterAid – si è sempre schierata a favore di un miglioramento degli aiuti, dall’altra ha lavorato in questi anni per conciliare questa rinnovata attenzione alla qualità con il mantenimento degli impegni presi dai governi in termini di quantità degli aiuti. Come dire che è giusto migliorare il “come” si fa cooperazione, ma anche il “quanto” si dona conta e non può ridursi a cifre irrisorie a causa della crisi.
Per la CPDE il “come” si traduce anzitutto nei quattro principi dell’efficacia della cooperazione allo sviluppo concordati a Busan (Corea del Sud) nel 2011: l’appropriazione delle politiche di sviluppo da parte dei paesi del Sud; il focus su risultati che contino per chi vive in condizione di povertà; partenariati per lo sviluppo inclusivi e partecipati; trasparenza e reciproca responsabilità o accountability da parte di chi si assume determinati impegni.
Nel mio ruolo di Coordinatrice delle Politiche e dell’Advocacy della CPDE, ho la fortuna di lavorare con rappresentanti della società civile che provengono dai quattro angoli della terra, riuniti per aree geografiche o settori tematici (ad esempio, il tema della migrazione/diaspora, le questioni di genere o delle condizioni di lavoro). Lavoriamo per la coalizione in remoto, con un segretariato basato a Manila, nelle Filippine. Quando ci incontriamo per riunioni o conferenze, ognuno di noi condivide l’esperienza della propria regione o settore nel tradurre i principi dell’efficacia degli aiuti in realtà.
È proprio questa condivisione globale di esperienze locali a rendere la coalizione così influente e a darle la credibilità necessaria per portare avanti le nostre richieste di una cooperazione più efficace presso i governi. Spesso la società civile è l’unico attore presente a livello globale, regionale, nazionale e locale al tempo stesso. Troppo spesso siamo i soli sul campo. Molte nostre associate vengono persino attaccate o perseguitate per le loro attività di cooperazione, specialmente se riguardano la promozione di diritti umani o la libertà d’espressione, inclusa quella di poter criticare liberamente e pacificamente il proprio governo.
Come rappresentante della società civile, la CPDE è riuscita ad essere riconosciuta come attore indipendente di sviluppo, e non soltanto come coalizione di associazioni che realizzano progetti per conto dei loro finanziatori. Facciamo parte del Comitato Direttivo dell’Alleanza Globale di Busan, alla stessa stregua dei governi, e siamo direttamente coinvolti nei lavori del Foro delle Nazioni Unite sulla Cooperazione allo Sviluppo (UNDCF), per citare solo due degli ambiti che ci vedono operare in prima linea a livello globale.
Tramite la CPDE siamo convinti di poter dare un contributo positivo all’attuazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile a partire dalla promozione coordinata di politiche e pratiche di cooperazione più efficaci. È impressionante – e per me un onore – lavorare fianco a fianco con colleghi che affrontano mille pericoli e difficoltà nel quotidiano senza perdere mai di vista la loro missione: migliorare l’impatto della cooperazione nel loro contesto per migliorare, in definitiva, la società in cui vivono.
Sarà pure un acronimo un po’ ostico ma la CPDE mi ricorda ogni giorno che un altro mondo più giusto e più unito è possibile. E più vicino di quanto pensiamo.