Simone Sgueo|HRM Save the Children Italia| 26 luglio 2016
Una cosa è ormai sicura, le tecnologie hanno permeato completamente il nostro modo di vivere e quindi di lavorare. Non esiste lavoro (o quasi) che non ricerchi l’innovazione, ahimè è vero, troppo spesso in ottica di risparmio di costi delle risorse umane, ma anche agganciate ad una efficienza che i moderni strumenti a disposizione sono in grado di offrirci, e che caratterizzano soprattutto le realtà aziendali più dinamiche e le start up.
Il modello di smart-working impone però una valutazione attenta. Una valutazione che prenda prima di tutto in considerazione le caratteristiche delle attività svolte dai lavoratori e certamente il loro livello di mobilità sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Proprio in tale ottica di recente, l’Osservatorio del Politecnico di Milano ha presentato una analisi più dettagliata di un panel rappresentativo di lavoratori italiani, traendone in conclusione delle funzioni più assimilabili allo smart-working. In breve: Acquisti, Sistemi Informativi, Amministrazione, Controllo e Finanza sarebbero le funzioni maggiormente pronte ad adottare logiche di smart-working. Dall’altro lato, invece, Risorse Umane e Organizzazione sarebbero quelle che peggio vi si adattano.
Come Save the Children per un verso abbiamo sposato pienamente alcune logiche dell’analisi del Politecnico e non solo e dello smart-working in generale, ed in particolare confermiamo che questo ci restituisce immediatamente almeno tre chiari vantaggi:
- Efficienza organizzativa e di costo (ufficio meno popoloso, spazi maggiori per i dipendenti, razionalizzazione migliore dei luoghi di lavoro)
- Soddisfazione dello staff: rientra certamente tra i benefit più graditi e spesso meglio considerati da candidati con i quali si tratta il pacchetto di assunzione, cosi come la flessibilità ampia di orario.
- Risultati di performance migliori: la possibilità di lavorare da casa ci restituisce spesso una maggior qualità nel raggiungimento degli obiettivi.
Non mi trovo però del tutto d’accordo con l’analisi del Politecnico, perché le aree più ricettive all’uso dello strumento e dove troviamo i risultati migliori sono quelle del Marketing, della Comunicazione, nel nostro specifico mondo dei Programmi soprattutto intesi come ricerca e consulenza, ed anche delle Risorse Umane, che invece riescono a gestire, non in uno smart-work 100%, ma magari parzializzato su una o due giornate a settimana, una piena efficienza personale e professionale.
In conclusione, seppur l’analisi del mercato ci restituisce oggi evidenti segnali che siamo pronti a passare ad un modo di lavorare 2.0, questi segnali sono ancora restii o soggetti, in primis ad una legislazione del telelavoro lenta e non al passo con la realtà, ma anche ad una cultura errata ed in parte molto “italiana” secondo la quale il timbrare il cartellino ed essere fisicamente presenti in un luogo fisico chiamato ufficio per almeno 8 ore, sia la cartina tornasole dell’efficienza, decisamente più importante del raggiungimento efficacie dei risultati del ruolo con buoni margini di qualità e la corretta tempistica.
Se vi interessa il tema, potete leggere l’articolo di Simone Sgueo “Working4HRM- Quali metodologie innovative-sostenibili di valutatione del personale adottare?” pubblicato precedentemente sul Blog4Change di ASVI Social Change.