Farida Bena| 10 Novembre 2015
Sono in tanti a pensare che l’incontro di settembre tra David Beckham e il Segretario Generale delle Nazioni Unite non sia stato altro che l’ennesimo contributo di una celebrità alla parata mediatica per l’adozione dei Global Goals — i diciassette obiettivi che il mondo si è recentemente impegnato a raggiungere per promuovere il progresso dell’umanità entro il 2030.
In realtà Beckham, Ambasciatore per l’UNICEF, era lì per presentare uno strumento in grado di rivoluzionare il nostro modo di pensare e fare sviluppo internazionale. Il calciatore ha presentato infatti i risultati di un sondaggio condotto in tempo reale da U-Report, una semplice applicazione sostenuta dall’UNICEF che permette a diciassette paesi in via di sviluppo di inviare gratuitamente SMS o tweet su qualsiasi argomento. Basta un qualsiasi telefono cellulare – non servono smartphone o tablet all’ultima moda; anche i vecchi cellulari di prima generazione vanno bene. Ci si registra online o si invia un messaggio a un numero verde e poi si iniziano a ricevere domande su questioni pertinenti a dove vivi, del tipo “Hai mai fatto il vaccino per il morbillo?” oppure “Dove ti senti più al sicuro nel quartiere in cui vivi?”. Rispondere a queste domande può aiutare ad individuare problemi nella propria comunità: da falle al sistema idrico ad un’emergenza sanitaria in un villaggio sperduto a un eventuale caso di abuso infantile – informazioni a volte fondamentali per chi vive in un paese in via di sviluppo con un’infrastruttura insufficiente di telefonìa fissa.
U-Report è stato originariamente testato in Uganda a seguito di una collaborazione nata tra l’associazione scoutista locale e l’UNICEF; dal suo inizio nel 2010 ad oggi, U-Report conta oltre 1,7 milioni di membri in diciassette paesi – dal Burundi all’Indonesia, al Cile, allo Swaziland, fino al Messico e al Pakistan. Anche se alla base si tratta di un modello simile ad altri strumenti innovativi basati sulla partecipazione attiva della cittadinanza, come la My World Survey delle Nazioni Unite, applicazioni gratuite quali U-Report hanno il pregio di favorire il cambiamento molto più rapidamente, partendo dal singolo cittadino fino ad arrivare ai centri di potere nazionali e internazionali. Proprio in Uganda, che ormai vanta un numero impressionante di “U-Reporters”, ben 298.000, tutti i deputati del parlamento nazionale si sono volontariamente registrati sull’applicazione per monitorare cosa dicono i loro elettori nelle loro comunità di riferimento. In Sierra Leone e Liberia invece, U-Report ha permesso di mettere in contatto i cittadini con i servizi di ricerca di persone scomparse e pronto soccorso per fronteggiare l’epidemia di Ebola.
Gli usi dell’applicazione possono essere innumerevoli: non si tratta soltanto di fornire aiuti, o cooperazione allo sviluppo, in maniera più efficace, ma anche di migliorare politiche economiche e sociali a tutto campo. Strumenti come U-Report consentono a chiunque abbia accesso a un telefono cellulare di esprimere la propria opinione anche se non può permettersi schede telefoniche o connessioni internet. Per la prima volta anche i residenti delle zone più disagiate possono condividere idee per migliorare le loro condizioni di vita e preservare il pianeta. Semplici cittadini possono dar voce ai loro pensieri ed essere ascoltati al più alto livello decisionale del paese. Chiunque riceva assistenza allo sviluppo può esprimere un parere sulla sua qualità al fine di migliorarla. U-Report è solo uno di questi strumenti di partecipazione – a mio avviso il più innovativo, un esempio di successo dal Sud del mondo di grande ispirazione – … ed altri ne stanno arrivando. Non saranno la bacchetta magica trova-soluzioni, ma sono utili per monitorare se e come i Global Goals vengono attuati da parte delle singole comunità, delle città e delle nazioni. Non mi stupirei se le stesse Nazioni Unite decidessero di dar presto forma a un My World 2, per renderlo più dinamico e capace di rispondere ai bisogni del cittadino globale medio.
Per tornare al sondaggio di U-Report, quali sono stati quindi i risultati presentati da Beckham a settembre? Alla domanda “Se tu potessi scegliere una cosa sola, cosa vorresti che i leader facessero per i bambini?” ha risposto meno del 10% degli intervistati, ma la risposta ha confermato per l’ennesima volta l’importanza attribuita all’istruzione nel mondo. Su un campione di quaranta paesi (inclusi quelli che hanno partecipato via Twitter), quasi un intervistato su tre ha indicato una migliore istruzione come priorità assoluta – più della lotta alla violenza, alla povertà, alle disuguaglianze e alle malattie. Tali risultati sono in linea con ciò che spesso emerge in rapporti più tradizionali come questo e ciò che indiscutibilmente è stata la mia esperienza di cooperante in svariati contesti. Dovunque viviamo, vogliamo un’istruzione di qualità per noi stessi e i nostri figli, e siamo disposti a rinunciare a tutto o quasi pur di garantir loro un futuro migliore.
A chi si occupa di politiche di cooperazione dico: prendete nota e rispondete a queste richieste.