Farida Bena | 03 Marzo 2015
È entrato nel vivo l’anno decisivo per lo sviluppo globale, che culminerà in autunno con la ridefinizione e l’ampliamento in sede ONU degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio concordati nel 2000 e in scadenza nel 2015. Nonostante il perdurare, se non l’acuirsi, di conflitti e disuguaglianze negli ultimi anni, è innegabile che fissare questi obiettivi abbia avuto un ruolo determinante nel ridurre la povertà e nel promuovere condizioni di vita migliori per milioni di persone nel mondo ed è per questo motivo che la comunità internazionale vuole continuare su questa strada, concordando nuovi obiettivi per i prossimi quindici anni, che tengano conto anche di stili di vita più sostenibili.
La cooperazione allo sviluppo è parte integrante di quest’importante dibattito sullo sviluppo post-2015, e non soltanto per stabilire il ‘cosa’ deve cambiare, ma anche il ‘come’. Al centro dei negoziati, infatti, sarà la questione di come finanziare i nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (17 per il momento) e secondo quali modalità di partenariato tra economie avanzate e paesi poveri. Su questi due punti, che saranno affrontati già in occasione della terza conferenza ONU sulla Finanza per lo sviluppo di Addis Abeba il prossimo luglio, si parlerà quindi non solo di quantità, ma anche di qualità degli aiuti, cioè della loro efficacia nel ridurre la povertà.
La questione dell’efficacia ha assunto un’importanza crescente nell’ultimo decennio ed è diventata strategica all’indomani della crisi finanziaria globale, che ha portato parecchi paesi ricchi a ridimensionare il volume dei loro aiuti nei confronti dei paesi più poveri e a concentrarsi quindi maggiormente sul come massimizzare il budget a propria disposizione. Il Partenariato mondiale per una cooperazione efficace allo sviluppo, creato nel 2011 a conclusione del 4° Forum di Alto Livello sull’Efficacia degli Aiuti di Busan (Corea del Sud), porta il dibattito sull’efficacia della cooperazione al suo stadio più avanzato. Rinnovando un’agenda originariamente definita da paesi donatori in larga parte occidentali, il Partenariato si apre ai nuovi scenari del 21esimo secolo, che vedono protagoniste anche le economie emergenti, regine assolute della cooperazione sud-sud, nonché il settore privato, le fondazioni filantropiche, la società civile e altri nuovi donatori.
Il contributo maggiore del lavoro sull’efficacia della cooperazione, e di questo Partenariato in particolare, ai negoziati ONU post-2015 consiste nei suoi quattro principi cardine: l’appropriazione delle politiche dello sviluppo da parte dei paesi riceventi aiuto; il focus sui risultati, intesi come sradicamento della povertà e riduzione delle disuguaglianze; partenariati inclusivi per lo sviluppo; e la trasparenza e mutua ‘accountability’ (cioè il saper rendere conto del proprio operato). Questi principi hanno il pregio di essere condivisi dai quattro quinti dei paesi membri dell’ONU e possono quindi essere usati come una sorta di cartina tornasole per valutare l’efficacia o meno di praticamente qualsiasi intervento di cooperazione, così come dei suoi relativi strumenti finanziari.
Grazie al Partenariato mondiale, l’agenda sull’efficacia della cooperazione apporta un valore aggiunto anche a livello di approccio, dando priorità all’attuazione degli accordi internazionali nel paese ricevente, piuttosto che a livello globale. Si tratta di un passo importante per favorire sempre più una situazione in cui i paesi riceventi cooperazione siano effettivamente alla guida del proprio sviluppo e possano chieder conto degli impegni presi dai donatori direttamente a casa propria. Un esempio per tutti: la promessa di utilizzare di default i canali amministrativi e finanziari del paese ricevente per realizzare un programma o un’attività di cooperazione nel settore pubblico, rinunciando alla dannosa pratica di creare strutture parallele per ciascun donatore, che minano l’autorità del governo in questione e lo obbligano a gestire un’iperproliferazione di canali finanziari e relazioni esterne.
L’approccio ‘paese’ del Partenariato mondiale per una cooperazione efficace allo sviluppo promuove in definitiva un graduale ribaltamento delle dinamiche tra donatore e ricevente che mira a rendere il loro rapporto meno gerarchico e più paritetico, nello spirito di una reale partnership per lo sviluppo, come già previsto dall’ottavo Obiettivo di Sviluppo del Millennio e come sarà auspicabilmente confermato dall’ultimo Obiettivo di Sviluppo Sostenibile a fine anno. Non ci resta che vivere in diretta questi negoziati decisivi per la prossima generazione.