Luigi Zampi | 09 Dicembre 2014
Tempo fa parlavo con il responsabile di una grande organizzazione non governativa che mi confessava che “si, in effetti spremiamo le persone e poi se ne vanno…”. Non lo diceva certo con soddisfazione, anzi. Ma l’affermazione mi è rimasta impressa perché era l’ammissione di una difficoltà a far vivere un’esperienza alla lunga soddisfacente per le persone di quella organizzazione. E anche nelle mie esperienze di lavoro nel settore (non come consulente… il consulente va spremuto…) ho visto più volte l’incapacità di offrire ai collaboratori un presente lavorativo confortevole e un futuro (anche prossimo) fatto di sviluppo personale e professionale.
Il punto è che nel non profit il paradigma dominante (per mille motivi) è sempre stato che le persone, per il solo fatto di poter fare una esperienza/missione per gli altri, provano soddisfazione imperitura ad entrare e a restare. Devo dire che diverse organizzazioni si stanno ponendo il problema e attrezzando per offrire non solo un’esperienza di senso (la motivazione ad entrare in una ONP per soddisfare i propri ideali) ma anche una esperienza di qualità (la possibilità di acquisire e sviluppare competenze e abilità personali e professionali).
Rimane comunque spesso culturalmente difficile pensare che come organizzazione (piccola o grande) mi devo attrezzare perché le persone stiano bene quando lavorano per me. E invece c’è un fattore spesso trascurato che rende questo dovere evidente e imprescindibile: i valori stessi delle organizzazioni.
Quando una ONP ha tra i suoi valori fondanti l’empowerment non dovrebbe per caso offrire ai suoi collaboratori tutte le occasioni per ottenere empowerment? E quando un’altra ONP professa lo Sviluppo delle persone come proprio valore costitutivo, come può trascurare il fatto che i suoi collaboratori si aspettano possibilità di sviluppo? Se una organizzazione umanitaria professa il merito come può permettersi di non misurare questo merito? Insomma i nostri valori, la stessa cultura del non profit ci fornisce la chiave per attrezzarci e creare percorsi di sviluppo per le persone che vivono, spesso per tante ore al giorno, una esperienza piena e di vita.
In questo senso apprezzo gli sforzi per valorizzare le persone da parte di chi si occupa del personale nelle ONP e vedo sempre più l’interesse a valutare capacità, attitudini e comportamenti per definire nel tempo piani di sviluppo individuali che diano alla persona la percezione di un cammino studiato e preparato. Gli esempi di valutazione della prestazione per far crescere le persone non sono ancora tanti e le obiezioni sono comprensibili: siamo pochi, non abbiamo tempo, non abbiamo molti strumenti.
Lo capisco, ma quando guardo ai valori che professo le difficoltà le affronto. La valutazione delle persone è un processo fatto di azioni ma anche un atto culturale e apprezzo il fatto che ASVI offra la sua esperienza alle ONP anche in questa area. Perché anche questo è il senso che possiamo offrire a chi decide di dedicare la vita agli altri.