Dhebora Mirabelli | 3 Giugno 2014
In un paese di nome Mirandia, poco lontano dai sogni di tutti, vi era una cittadina a oltre 10 mila mt di altezza dal livello del mare, avvolta dalle nuvole, che si chiamava Sperabella. Per lo strano effetto ottico che dava, ovvero l’impressione a tutti i passanti e agli abitanti di un posto magico su una nuvola, più che di una città in cima a una montagna, i montanari che vi risiedevano venivano chiamati “testanuvolenzi”. Nel corso degli anni si diffuse sempre di più tra i villaggi vicini l’idea che i testanuvolenzi avessero veramente tutti la caratteristica di avere un po’ la testa tra le nuvole, era un po’ considerato il loro modus vivendi.
Per questo venivano un po’ discriminati dai cittadini dei paesi vicini che per via di questa etichetta e caratteristica che gli riconoscevano, li consideravano commercianti poco affidabili perché venditori di fumo o al più di aria fritta, lavoratori distratti da mille pensieri, manager capaci solo di mettere sul tavolo delle trattative grandi e miste, insalatone poi condite con lo zucchero filato invece che cum grano salis.. non commestibili e, quindi da buttare proprio mentre gli altri aspettavano di divorarle famelicamente durante il pranzo o la cena.
Penserete: che brutto destino era riservato ai testanuvolenzi ma vi sbagliate.
I testanuvolenzi non ebbero mai bisogno per lunghi anni di emigrare e di lasciare il loro incantevole villaggio che anzi più passava il tempo più’ diventava crocevia di menti così elevate che trovavano il loro habitat naturale solo aldilà delle nuvole…proprio in mezzo agli autoctoni integrandosi e vivendo in armonia senza sentirsi mai in terra straniera.
Caratteristica dei testanuvolenzi era proprio la rinomata ospitalità verso chi sopportava tutte quelle difficoltà che un uomo può’ avere vivendo in alta quota allontanandosi sempre di più’ dal centro della terra ferma per avvicinarsi al cielo: respiro corto, ansia, vertigini, paura di cadere, più che di volare,…
Se qualcuno abituato a vivere a normali livelli di altitudine trovava il suo modo per vivere bene e felice a Sperabella allora per definizione era come se fosse nato li’ e per acquisizione diventata un testanuvolenze.
Il cartello all’entrata della città’ riportava la seguente scritta “Portate ogni speranza voi che entrate!“.
A Sperabella si viveva serenamente, tutto sembrava funzionare bene: servizi pubblici, sanitari, istruzione e formazione, ecc…
Questo soprattutto perché nessuno aveva la propensione a lamentarsi e tutti pensavano agli altri prima che a se’. Ad esempio se l’autobus faceva 15 min di ritardo, coloro che erano alla fermata dicevano “saranno fortunati gli altri che vedranno arrivare lo stesso autobus a pochi minuti di distanza e magari anche noi potremmo godere della speranza di scegliere di salire sul secondo se il primo e’ troppo affollato”.Se alla posta si creava una fila interminabile in prossimità della chiusura, fra coloro che avevano preso il bigliettino e aspettavano pazientemente si mormorava: c’è’ ancora speranza per tutti signora mia!
A Sperabella il tasso di disoccupazione era pari allo 0% grazie all’indotto produttivo e alla commercializzazione monopolistica di ali fabbricate da una grandissima azienda che sorgeva in periferia su un grattacielo enorme che da tutti veniva chiamato “il Motivatore”.
La fabbrica era nata grazie alle capacità e ad una geniale intuizione di una giovane testanuvolenze che dopo aver terminato gli studi decise di aprire una start up dal nome “Wonder women & Co – sognatori s.r.l.”
Dopo i primi 5 anni l’azienda divenne una società quotata in borsa presso i maggiori mercati internazionali, leader nella fabbricazione di ali, con un titolo che e’ schizzato alle stelle in meno di 6 mesi e che ha consentito di distribuire utili ai soci azionisti già’ al primo trimestre dall’entrata in borsa.
Fu un caso che attirò l’attenzione delle personalità e degli esperti più importanti nel settore che non esitarono a cercare di entrare in un modo o nell’altro nel business del momento, senza scrupoli e senza etica…stranieri di Sperabella.
Con il passare del tempo ci fu una scalata, un’ OPA mai vista prima e alla conseguente acquisizione della posizione di comando e gestione del potere di soggetti esterni senza scrupoli interessati solo al profitto.
La fabbricatrice di ali aveva avviato la sua start up con logiche diverse e gran parte della strategia aziendale era basata – oltre che sull’internazionalizzazione – su progetti di Corporate Social Responsibility e inclusione sociale per tutti coloro che si sentivano testanuvolenzi dentro, ma che non erano nati in quel paesino di montagna sopra le nuvole!
A questo dovevano servire le sue ali … a far spiccare il volo a tutti i coraggiosi che decidevano di salire dal livello del mare fino a sentire il fiato corto, indossare le ali e superare la paura di cadere buttandosi giù nell’apparente vuoto che avvolge il sogno di speranza e libertà’ che e’ nascosto nel profondo dentro ciascuno di noi. Quest’ultimo, destinato per via della forza di gravità’ che ci spinge verso il basso, alla bassezza umana.
Dopo anni di splendore, quando la fabbricatrice di ali decise di passare da una società’ a responsabilità’ limitata, che potesse nuocere solo a se stessa, a una quotata, ovvero che potesse capitalizzare e distribuire utili a tutti i soci, le cose pian piano iniziarono a cambiare.
Lei, tanto brava come ape operaia, si dimostrò altrettanto incapace come manager profittevole di breve periodo e la chiusura della spregiudicata scalata di alcuni azionisti di minoranza con un’OPA discutibile determinò definitivamente la sua perdita di potere e controllo.
Tutti i suoi errori le furono contestati alla presentazione del primo bilancio consolidato: le scelte a seguire portarono a un taglio dei costi che si riversò tutto sulla qualità’ dei materiali e sull’eliminazione dell’Ufficio dedicato alla responsabilità’ sociale di impresa che teneva uniti da profonda stima, affetto e rispetto i soci di maggioranza.
Le ali dopo l’acquisizione dei nuovi materiali dovettero adattarsi a nuovi brevetti che non furono mai resi pubblici.
La fabbricatrice di ali prima di autorizzarne la vendita – per etica professionale – volle collaudare il nuovo prodotto di qualità inferiore su se stessa; nel giorno programmato organizzarono l’evento sul tetto del palazzo della fabbrica chiamato “il Motivatore”: indosso’ il nuovo modello e si gettò senza paura di cadere, ma nello stesso tempo con la consapevolezza di non poter volare con quelle ali di seconda scelta, ” di ripiego”.
Fece un volo verso il basso in caduta libera a una velocità spaventosa…per fortuna cadde in mare e non troppo lontano dalla terra ferma.
Era sana e salva in un posto sul livello del mare dove fece tesoro della sua esperienza e dei suoi errori. Grazie alla sua capacità’ imprenditoriale di cogliere i fabbisogni reali della gente e ora individuare il giusto target per fare impresa…decise di aprire in un seminterrato una risuolatrice super moderna e rapida che in meno di 5 minuti riusciva a rimettere a nuovo le suole delle scarpe di chi era abituato a camminare con i piedi per terra (molti di più di quei pochi eletti che tengono la testa tra le nuvole) e a spostarsi velocemente da una posizione all’altra consumando una quantità’ infinita di suole delle loro povere scarpe.
Fu un successo monetario che le consentì di accumulare ricchezza in un posto lontano dalle nuvole, dalla luce e dal sole che rendevano splendenti i suoi occhi e che la condannò alla cecità’ fino al resto dei suoi giorni.