Comunicazione ASVI Social Change | 30 Marzo 2015
Luisa, Caterina, Monia, Neve, Vanessa, Linda sono sei ragazze iscritte al Master MES -Master in Social Innovation, Social Business, Start Up Sociale & Progettazione Innovativa, che hanno deciso di condividere con noi un’intervista per mettere in luce una bella realtà tutta italiana.
Una storia bellissima quella del Consorzio Goel, che per opporsi alle logiche della ‘ndrangheta, responsabile del depauperamento del tessuto sociale e della libertà d’impresa nella Locride, ha creato un’alternativa tangibile. Grazie a 14 cooperative sociali, impegnate su attività di impresa come l’agricoltura biologica, il turismo responsabile e l’alta moda etica, i valori della comunità, della dignità e libertà sono rifioriti nel territorio. Dagli anni Novanta ad oggi, Goel ha rimesso in moto l’economia locale e restituito fiducia alla società civile, offrendo opportunità di lavoro, alternative tangibili ai sistemi mafiosi e valori etici di comunità.
Per la nostra ricerca e approfondimento, ci siamo concentrate sul progetto Cangiari e confrontate direttamente con la Direttrice Manuela Sfondrini di Made in GOEL, cooperativa sociale del Gruppo Cooperativo GOEL che sviluppa questo brand.
1.Quale forma giuridica e qualifica ha Cangiari?
Cangiari è il brand di moda etica di fascia alta che produciamo. L’organizzazione che ci sta dietro si chiama Made in Goel. È una cooperativa sociale di tipo B, con qualifica di Onlus e Impresa sociale. Fa parte del Gruppo Cooperativo GOEL composto oggi da 12 realtà.
2. Quanti siete e come siete organizzati (soci, soci lavoratori, volontari)? Da quanto tempo operate?
In Made in Goel tutta la filiera è interna, dalla tessitura alla confezione, alla comunicazione. Per la tessitura abbiamo messo in rete diverse tessitrici e laboratori di tessitura che operano in tutto il territorio calabrese, per il confezionamento ci sono 7 dipendenti a tempo indeterminato, due dei quali sono soggetti svantaggiati. Sempre per il confezionamento, completano la catena altre cooperative diventate socie, con circa 20 dipendenti. Anche la comunicazione è curata da una cooperativa sociale del Gruppo. Altre risorse ci supportano stagionalmente quando dobbiamo lanciare le collezioni. Si tratta di professionisti del settore della moda e tessile. Possiamo dire che in tutto la filiera coinvolge dalle 40 alle 50 persone.
Nel 2009 la scelta di far nascere dal Consorzio Sociale GOEL, una cooperativa sociale dedicata al settore tessile e abbigliamento, per gestire in maniera più agile l’attività e di fatto permettere di aprirci a una base di soci più ampia, che coinvolgesse anche società profit e singoli individui.
3. Da quali bisogni sociali siete partiti? Quali soluzioni avete attivato?
La Locride è un territorio in cui la precarietà non è un incidente di percorso, ma un preciso progetto, di cui si fa la manutenzione sistematica. Questo perché la precarietà genera dipendenza, delle persone e delle imprese, la dipendenza genera assoggettamento, l’assoggettamento determina il controllo delle risorse. In questo modo la ‘ndrangheta, strutturalmente collegata ad un reticolo di poteri deviati nel territorio, colloca i propri uomini nei posti chiave dove le persone, le famiglie o le imprese, devono “passare” per vedere assolti bisogni fondamentali. Ciò che spetterebbe per diritto viene concesso come favore. Ed ogni favore sarà ricambiato in diversi modi, tra cui anche la disponibilità a concedere il voto, proprio e della propria famiglia o sfera di influenza. I voti così raccolti e poi “rivenduti” al maggiore offerente, vengono poi “ripagati” facendo fare carriera politica ad uomini a loro collegati, oppure dando loro altri posti-chiave da cui controllare i bisogni di persone, famiglie ed imprese.
E’ da questa analisi che nasce l’idea di costituire un sistema che potesse “liberare” le persone da questo assoggettamento, fornendo alternative concrete. Da questo nasce quindi GOEL, che significa “riscattatatore” dall’Antico Testamento. Negli anni Novanta infatti, alcune associazioni e giovani si sono uniti intorno alla figura del vescovo trentino Monsignor Bregantini, che forte della sua esperienza cooperativa ha ridato fiducia e slancio a queste iniziative della società civile, restituendo consapevolezza e dignità alla popolazione.
4. A quali modelli vi siete riferiti?
Per quanto riguarda l’alta moda etica, esistono alcuni casi simili in Francia, Regno Unito e Germania. In Italia siamo gli unici che si rivolgono ad una fascia alta di mercato, unendo artigianalità e alta qualità del prodotto all’uso di materiali completamente biologici e filiera etica nella produzione stessa.
Utilizziamo tessuti fatti completamente a mano, seguendo le antiche tradizioni grecaniche e bizantine. Un metro di questi tessuti è prodotto in un tempo compreso tra le 3 e le 6 ore, che pagando sindacalmente le lavoratrici determina pertanto un alto prezzo sul mercato. Per questo abbiamo pensato di proporre un prodotto che permettesse di sostenere i costi di produzione permettendoci di pagare equamente il lavoro, posizionandoci in una fascia tra il pret a porter e l’alta moda (che si distingue tipicamente per essere fatta su misura).
5. Come avete condotto la fase di start-up?
Abbiamo cercato di valorizzare le nostre risorse locali, senza per forza inventare qualcosa di nuovo e inedito, ma provando a rifare in maniera differente, etica e sostenibile, quanto è il patrimonio delle nostre tradizioni. In ogni famiglia esisteva un telaio. Le fantasie dei nostri tessuti esprimono la creatività della nostra storia. Siamo ripartiti da qui. Ci siamo fatti anche consigliare da professionisti del settore, che ci hanno supportato credendo nel nostro progetto. Accenture ha elaborato per noi, pro-bono, il piano commerciale. Con il contributo di Fondazione Vodafone abbiamo acquistato le macchine e ristrutturato l’immobile confiscato alla ‘ndrangeta assegnato a noi dal Comune di Milano, facendone il nostro showroom. La stessa Camera Nazionale della Moda ci ha dato il suo patrocinio includendoci gratuitamente nei calendari della Settimana della Moda.
Se dovessimo fare una stima della start up di Made in Goel, calcolando anche le prestazioni pro-bono, potremmo aggirarci sul milione e mezzo di Euro.
6. Come siete cresciuti?
Ci ha molto aiutati la rete di professionisti che ci ha fatto crescere professionalmente e ci ha supportati e continua a supportarci, convinti dall’etica del nostro progetto.
Attualmente il fatturato del settore tessile e abbigliamento si aggira intorno ai 500.000 Euro. Abbiamo lanciato una nuova linea di prodotto con gli abiti da sposa e stiamo lavorando al lancio di nuovi progetti.
7. Avete partner istituzionali? Chi sono i vostri stakeholder? Come risponde il territorio? Quale il vostro raggio di azione (nazionale/internazionale)?
GOEL rimane il nostro riferimento. L’appartenenza al Consorzio ci rende forti e amplifica i nostri impatti sociali, anche perché tutti i progetti di GOEL si muovono con la stessa coerenza intorno agli stessi chiari valori etici.
Come dicevo, il mondo della moda ci segue con grande stima, così come altri soggetti, pubblici e privati. Il territorio ha risposto con grande attenzione, supporto ed entusiasmo. La gente riscopre attraverso questo progetto il proprio valore , il valore della propria terra e delle proprie tradizioni. Il messaggio che passa è: “la ‘ndrangheta ci svergogna, dando in tutto il mondo una immagine negativa della nostra terra, Cangiari ci fa sfilare sulle passerelle davanti a un pubblico internazionale, restituendo una nuova immagine del nostro popolo”.
Siamo aperti alle visite nel nostro laboratorio e nelle nostre cooperative; vengono molto le scuole e i turisti. Il modello etico sta contagiando altre imprese sociali e imprese profit, permettendo una più ampia divulgazione dei valori di GOEL.
Un senso di appartenenza forte, che è veicolato anche attraverso gli altri due filoni di attività di GOEL (produzione agroalimentare biologica e turismo responsabile), aggrega persone e recupera la consapevolezza di una terra ricca e sana aldilà delle organizzazioni illecite.
Attualmente il Gruppo GOEL è una delle prime imprese della Locride per numero di dipendenti (circa 100) che fornisce servizi e lavoro stabilmente.
8. Quali i vostri punti di forza, quali le fragilità e difficoltà incontrate?
La forza è senza dubbio la qualità del prodotto che mixa artigianalità e tradizione, attenzione al biologico e agli impatti sull’ambiente, l’etica della filiera che rispetta tutti i produttori e gli standard, la qualità estetica dei capi firmati da alti nomi della Moda.
Le debolezze sono da ascrivere agli ostacoli nella penetrazione del mercato. Attualmente l’Italia esce a pezzi: sono rimasti pochi clienti, che fanno anche fatica a pagare. Il percorso di internazionalizzazione, che comporta investimenti impegnativi, è lungo e faticoso.
9. In un periodo in cui il rilancio del Made in Italy ( soprattutto in ambito moda e food ) sembra essere l’unica speranza per una ripresa economica del nostro paese, come vedete l’esperienza di Cangiari e quella di altre imprese sociali coinvolte nel settore della moda? Quanto possono essere determinanti progetti di imprese sociali coinvolte in questo settore per una rivalutazione e rilancio del Made in Italy?
Per rilanciare un territorio e restituirgli dignità, bisogna ripartire dall’identità stessa del luogo. Per questo non abbiamo inventato nulla di nuovo. L’agricoltura era un’attività presente nella Locride con prodotti di un’elevata qualità, così come il turismo, seppure minoritaria e purtroppo offuscata dalla presenza della ‘ndrangheta, che non ha dato alla Calabria una buona immagine verso l’esterno, penalizzandola così nel settore turistico. Così, come spiegavo, la tessitura artigianale.
L’Italia deve riscoprire le sue qualità migliori tramite il senso di dignità, di libertà espressa attraverso la comunità di appartenenza, valori etici di rispetto dell’ambiente, delle persone e soprattutto la maniera di fare impresa, legale, trasparente, impegnata, che restituisce al territorio ciò che prende dal territorio.
10. Ci farebbe molto piacere poter ricevere il racconto di un episodio particolare legato all’esperienza di Cangiari.
Ce ne sono moltissimi. Sicuramente la recente collaborazione con lo stilista Paulo Melim Andersson, che ha lavorato per Marni e Maison Margiela, ci ha molto arricchiti e colpiti. Sia lui che altri stilisti che hanno collaborato con noi, non hanno preteso gli alti chaché a cui sono abituati.
11. Pensate che si arriverà al testo unico del Terzo Settore?
C’è bisogno di avere dei riferimenti chiari. Ci aspettiamo attenzione verso il Terzo Settore, importantissimo soprattutto in questa delicata fase storica, per le potenzialità che può sviluppare.
L’Impresa sociale è un modello utile, che risponde ai valori nei quali crediamo, oltre che risponde bene a tanti bisogni sociali. Ed è un modello che per alcuni aspetti sta contagiando anche le imprese profit, proprio perché funziona. Lo slogan di GOEL è: “l’etica non può accontentarsi di essere solo giusta, deve divenire efficace”. Se riusciamo a dimostrare questo, è possibile creare dei modelli di riferimento validi per qualsiasi tipo di impresa sociale.