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Ritrovarsi per poi perdersi a Siem Reap ….Social Innovation in Cambogia

Dhebora Mirabelli | 29 Ottobre 2013

 

Ritrovarsi per poi perdersi a Siem Riap ....Social Innovation in CambogiaSe atterri con un piccolo velivolo a Siem Reap in un aeroporto che sa di villetta ” multi-familiare” non puoi non sentire quel posto anche un pochino tuo! Ed eccoti in un attimo diretta verso il centro dove si affollano moltissimi hotel 5 stelle all’occidentale, nel bel mezzo di modeste costruzioni e motociclette “quattro posti” (madre, padre e due figli) catapultato nell’Italia di un secolo fa’.

Basta proseguire lungo la strada – sempre dritto – per vedere il paesaggio cambiare repentinamente,  scorgere palafitte vere e sentir riaffiorare di ricordi infantili: i compiti di tecnica delle scuole medie e ancor prima i giochi delle elementari con gli stecchini di legno e la colla Vinavil per realizzare le tue prime palafitte copiate da una figura di un libro di preistoria!

Arrivi poi fino in fondo alla strada principale non ancora asfaltata con qualche segno di progresso appena accennato – gru, escavatori, cemento e pietre bianche – per immergerti nel fiume, far annegare tutte le convinzioni e le certezze del mondo occidentale e lasciar posto alla conoscenza della vita dei pescatori cambogiani nel villaggio delle case galleggianti.

Galleggiano su rami di bambù…case, chiese, scuole, market, bancarelle, trattorie, palestre e un hotel di lusso con ristorante in terrazza!

Galleggiano perfino barche piene d’acqua, più simili a canoe, con amache per dondolare i bimbi appena nati, bambine dentro a bacinelle di plastica che si mettono al collo pitoni come fossero collane e coccodrilli  in recinti proprio fuori dalle case come fossero normalissime cucce per cani!

Agli occhi dello straniero convinto di essersi ritrovato in terra lontana gli uomini cambogiani vivono appena appena “a galla”, tra miseria e fame……in realtà nuotano felici e vivono di ciò che è necessario e soddisfa i bisogni primari di tutta la specie umana: forse è proprio lo straniero che ha dimenticato il loro spirito autentico, aperto e accogliente come i fiori di loto, del tutto indifferente verso ogni forma di consumismo.

I bimbi che giocano guardano lo straniero…non sono incuriositi dalle belle scarpe, dai vestiti alla moda o dalle unghie curate o dai capelli ben piastrati: vogliono solo cogliere l’occasione della giornata per masticare qualcosa di dolce…e allora vedendoti esitare volgono lo sguardo in su e porgono la manina pronunciando in tono interrogativo forse l’unica parola che hanno imparato in inglese per necessità: candy?

E tu, colto alla sprovvista, speri tanto di non aver lasciato in albergo le Golia alla frutta sugar free che ti eri portato accidentalmente dall’Italia … E tanto ti coglie l’ansia mentre frughi nella borsa per sentirle al tatto che per un attimo ti perdi ancora e non sai più se stai pregando Dio o meditando come uno dei più’ esperti monaci buddisti affinché’ la tua mano finalmente stringa quel pacchetto di caramelle. Per non deludere i bimbi speranzosi che aspettano con la manina tesa.

Non ci sono alternative e lo sguardo e’ determinato e sicuro: niente può farli più felici in quel momento che sentir sciogliere in bocca la dolcezza del sapore della frutta racchiuso in una pallina di zucchero, fruttosio o aspartame…che importa qui nessuno gli ha insegnato i progressi della chimica di noi occidentali per mantenerci light!

Per la prima volta ti stupisci di quanto possa caricarti di responsabilità la richiesta più innocente e naturale che gli umani possono fare: solidarietà mista a dolcezza!

Qui si vive non per sopravvivere, ma si sopravvive per vivere da secoli...lo raccontano chiaramente i bassorilievi dei templi di Angkor!

Nulla sembra essere cambiato negli usi e costumi della vita cambogiana, sia essa vissuta nel 1300 o nel 2013; nei sogni dei ragazzi e futuri lavoratori, laureati e non, come quello di Malis che comunque, alla fine del percorso universitario di scienze turistiche e dei primi lavoretti da guida turistica per mettere da parte i soldi, spera di farcela da solo e di riuscire a comprare prima o poi una risaia (start up molto social e poco innovation per quelli del posto, ma sconvolgente per noi italiani …).Perché è sul riso che si basa l’85% dello sviluppo del paese, insieme alla pesca…e perché’ solo così -contribuendo a fare della Cambogia il primo paese produttore di riso di qualità’ superiore – si può contribuire a migliorare la vita di tutti in un villaggio fatto di palafitte e case galleggianti!

Ecco: io mi sono letteralmente ritrovata nello spirito cambogiano, così lontano dalle atmosfere di un MBA alla moda che tra i suoi corsi electives annovera il luxury management!

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