Sergio Vecchiarelli
Laureato in Economia e Commercio, sin dai tempi universitari, è sempre stato attratto dal mondo della cooperazione internazionale.
Laureato con una tesi sperimentale sull’equilibrio gestionale delle ONG italiane, costruisce una piattaforma operativa basata sullo studio delle diversità e dei punti di contatto, utilizzando tecniche di gestione aziendale, tra le aziende profit e no profit.
È da sempre stato un sostenitore della necessità, di un avvicinamento dei due mondi, per troppo tempo separati da una volontà precisa, che segna il passo tra etica e profitto.
Il percorso post universitario è segnato da numerose partecipazioni a corsi di specializzazione sulla cooperazione internazionale e decentrata.
Inizia la sua carriera nel 2002 con Ricerca e Cooperazione, come responsabile amministrativo dei progetti di educazione allo sviluppo, per poi passare a responsabile amministrativo dei progetti in America Latina. Ricoprirà tale incarico per quattro anni, per poi ricoprire quello di Direttore Amministrativo.
Dopo otto anni, costellati di missioni in Bolivia, Colombia, Argentina, Libano, Ghana e Malawi, decide di cambiare settore, passando dallo sviluppo a quello delle emergenze umanitarie.
Nel 2010 entra a far parte dello staff di INTERSOS in qualità di responsabile del miglioramento dei processi amministrativi e dell’informatizzazione degli stessi. Dopo due anni diventa Direttore Amministrativo Italia.
Dal 2014 ricopre il ruolo di Direttore Amministrativo, sia dei processi in Italia sia delle attività estere, fa parte della Segreteria Esecutiva di INTERSOS, contribuendo al processo decisionale delle strategie generali dell’Organizzazione.
Il principio con cui guida la sua attività lavorativa è quello espresso compiutamente da Muhammad Yunus nel suo “Un modo senza povertà”: l’implementazione di una qualsiasi attività con finalità sociale deve essere concepita e condotta come una vera azienda, con prodotti, servizi, clienti, mercati, spese e ricavi, in grado di riuscire a recuperare completamente i propri costi, pena il suo fallimento, ma con l’imperativo del vantaggio sociale al posto di quello della massimizzazione del profitto.