Giampaolo Pagliuca | 26 Novembre 2013
Secondo un recente articolo del Corriere della Sera esistono ad oggi in Italia 36 casi di imprese fallite recuperate e trasformate in cooperative dai lavoratori della stessa compagine. Evocato spesso durante l’attuale crisi economica, il crack dell’Argentina nel 2001 vede nelle empresas recuperadas un fenomeno che solleva un vento di passioni e interesse spirato ben oltre le rive dell’Oceano.
Nel 2010, una borsa di studio dell’Università di Bologna mi ha permesso di analizzarle nel luogo di origine, in Argentina. Ho trovato un intero “universo di imprese recuperate”, ognuna con vicende peculiari e traiettorie articolate. Ciascuna un mondo a parte.
Tra il 2001 e il 2002 in Argentina il 38% della popolazione lavorativa era senza occupazione e fallivano circa 1000 imprese per anno: era l’epilogo funesto della “egemonia neo-liberale”. Tanti lavoratori decisero di fronteggiare la chiusura degli stabilimenti e la fuga degli amministratori – addirittura con macchinari e attrezzature al seguito – occupando le fabbriche per difendere il lavoro, grazie anche a un processo giuridicamente riconosciuto (Legge 25.563 del 2002) che permette la prosecuzione dell’attività produttiva a lavoratori costituti in cooperativas de trabajo. Attraverso esborsi personali, supporto informale di fornitori e clienti, sostegno del “barrio”, le cooperative riavviavano l’attività: vi erano empresas recuperadas nei settori alberghiero, alimentare, metallurgico, sportivo, edilizio. Le nuove cooperative attivavano teatri nelle fabbriche, corsi scolastici riconosciuti per i meno abbienti, re-investivano parte degli utili in servizi primari di quartieri poveri. I lavoratori, divenuti protagonisti della gestione aziendale, si accostavano ai processi d’impresa, alle dinamiche tipiche della forma cooperativa.
Le difficoltà, nel 2010, erano significative: difficile accesso al credito, calo degli utili, riduzione di garanzie sociali per i lavoratori transitati a un regime simile alla partita IVA (monotributistas in Argentina). Eppure le imprese recuperate facevano rete d’impresa, realizzavano progetti di impatto sociale, formulavano proposte critiche al modello cooperativo argentino, aumentavano e qualificavano le capacità personali.
Le anticipazioni del Quarto Rapporto sulle Imprese Recuperate del “Programa Facultad Abierta-Universidad de Buenos Aires” parlano, attualmente, di circa 310 empresas recuperadas nell’intera Argentina con oltre 13.000 lavoratori coinvolti. Nel 2010, periodo della mia ricerca, erano circa 205 con 9.362 occupati. Fenomeni simili a quello argentino sono apparsi, nell’ultimo decennio, in Brasile e Uruguay.
Le empresas recuperadas non sono strumento per l’esegesi di modelli o tendenze economiche: occorre placare pulsioni ideologiche e suggestioni e tenere ben presenti le dinamiche aziendali, i mutamenti macro-economici, il contesto giuridico.
Sono, però, un esempio concreto, spesso di successo, di come l’individuo, il lavoratore in questo caso, possa prendere coscienza e intervenire direttamente sul tessuto sociale in cui è inserito in un contesto di sfaldamento e deterioramento dei modelli economici classici e consolidati.
Un esempio concreto di empresa recuperada: l’Hotel B.A.U.E.N.