Federico Marcon, Direttore Corporate Fundraising Water Aid Australia, ha partecipato al Coffee Break with the Nonprofit Managers organizzato da Marco Crescenzi e Social Change School il 2 aprile 2020. Durante l’intervista, Marcon ha spiegato il modo in cui lui e Water Aid Australia hanno vissuto e stanno vivendo la crisi scaturita dalla pandemia COVID-19, concentrandosi sulle sfide e le opportunità che si sono presentate durante la prima metà del 2020.
Come sta e come stiamo vivendo questa crisi?
Sicuramente su tre piani. Noi qui siamo più indietro rispetto a voi per quanto concerne lo sviluppo del Coronavirus, nel senso che al momento abbiamo 5000 casi, quindi effettivamente ci stiamo preparando a quello che verrà. È stato interessante vedere come in due o tre settimane il governo Australiano ha messo in piedi una serie di misure strutturali, economiche e sanitarie, anche prendendo esempio da altri paesi che son stati colpiti prima. È una società questa che sta riscoprendo alcuni capisaldi dell’importanza del sistema di welfare e del settore pubblico. Come organizzazione, come Water Aid, noi siamo presenti in 35 paesi. Facciamo water sanitation e hygiene, che da essere la parte in cui lavoravamo meno è diventata adesso prioritaria, ed è stato interessante vedere come in due settimane siamo riusciti veramente a fare un lavoro molto forte per portare tutti i nostri programmi ad essere più attivi nella parte di igiene e meno di sanitation e acqua; è qualcosa che abbiamo provato a fare per vari anni e abbiamo visto che in due settimane sull’emergenza è una cosa fattibile. Come settore stiamo lavorando col governo australiano, con il Ministero delle foreste australiano, abbiamo già ottenuto alcune vittorie importanti su come riallocare le risorse per far fronte a questa crisi, quindi avere meno requisiti di contribuzione privata ai progetti, poter utilizzare alcune spese per attività per pagare le spese amministrative come i salari. Anche questa è una battaglia che da anni portiamo avanti e in tre settimane dipendendo dall’emergenza siamo riusciti a ottenere cose che non eravamo riusciti ad ottenere in 5 anni. Noi come ufficio in Australia abbiamo deciso di passare tutti a lavorare quattro giorni alla settimana dal 1 maggio proprio per salvare tutti i posti di lavoro e quindi abbiamo un budget per 6 mesi che ci obbligherà a fare questo in attesa poi di ripartire.
Cosa stiamo imparando, cosa ci vogliamo portare e ricette per uscirne?
Noi nel settore della cooperazione internazionale abbiamo due elementi che sono venuti fuori prepotentemente. Il primo, per riallacciarmi a quello che diceva Daniela Fatarella di Save the Children Italia, è che nel nostro settore c’è sempre questa dicotomia tra i progetti, divergenza e sviluppo, e per anni ci siamo adoperati su come migliorare la nostra efficacia ed efficienza nella transizione fra progetti di emergenza e progetti di sviluppo. Adesso stiamo testando questa stessa cosa sulla nostra pelle nei paesi in cui viviamo e quindi io spero che questo ci aiuterà a migliorare l’approccio su quello che poi facciamo in comparazione, poiché è sempre stato uno delle aree grigie del nostro lavoro.
La seconda grande opportunità è che tutti le grandi ONG internazionali negli ultimi anni hanno lavorato molto più in supporto dei governi, collaborando più strettamente con essi e facendo meno attività comunitarie nei villaggi, spostandoci molto nel ruolo di consiglieri del governo. Questo per molti donatori, soprattutto quelli individuali, è difficile da capire, perché pensano in maniera più tradizionale di voler dare il supporto affinché noi andiamo ad aiutare i bambini in quella comunità e villaggio, e quando diciamo che i soldi li utilizziamo per lavorare con il governo storcono il naso. Adesso penso che possano capire quanto è importante invece rafforzare i sistemi pubblici, in quanto ora è chiaro che la vera risposta a un’emergenza di questo tipo deve arrivare soprattutto dai governi e dalle strutture pubbliche.