di Sandro Calvani | 20 giugno 2013
Sono appena tornato dalla conferenza globale dell’Accademia Mondiale Islamica delle Scienze a Dhaka (www.iasworld.org). Il mio ruolo era proporre modi per massimizzare l’efficacia di tutte le scienze nell’accelerare l’eliminazione della povertà nei paesi più in difficoltà, ma gli interlocutori non erano gente che si accontenta di qualche parola di speranza o di riferimenti a esempi di buone pratiche. Per loro, tutti scienziati abituati a parlare di fatti provati e di azioni e reazioni certe e replicabili, l’atteggiamento dei politici in ogni parte del mondo e delle organizzazioni internazionali rispetto agli obiettivi di sviluppo del millennio è inaccettabile.
Ecco alcune domande imbarazzanti: se sappiamo come prevenirla, perché di malaria muoiono ancora milioni di bambini?
Se è stra-dimostrato che l’educazione primaria accelera il protagonismo dei poveri nel prendersi in mano il proprio sviluppo, come mai ci sono ancora paesi che spendono, invece, cifre enormi in armamento e lasciano a bocca asciutta le scuole dei quartieri poveri?
Se abbiamo provato mille modelli di sviluppo sostenibile e sappiamo che solo quelli auto-gestiti dai poveri sono sostenibili, perché continuiamo a finanziare, invece, complessi sistemi di investimento che invece impoveriscono o indebitano i paesi poveri?
Ho dovuto ammettere che certamente ci sono adesso troppi cuochi che si credono esperti importanti (e molti sono dei principianti) nelle cucine del buon governo dei beni pubblici globali.
Un mese fa il primo a suonare l’allarme del sovraffollamento intorno ai fornelli dei futuri Obiettivi di Sviluppo è stato Jan Vandemoortele, un collega delle Nazioni Unite che nel 2000 li aveva articolati in otto semplici definizioni. E, peggio ancora, è grandissima la percentuale di decisori dell’innovazione nelle politiche economiche e sociali che non ha mai vissuto nemmeno mezza giornata insieme a un povero nel proprio paese o nel Sud del mondo.
Così le ricette di quell’innovazione sociale che dovrebbe eliminare la povertà si rinnovano in modo disordinato solo perché nessuno vuole essere visto perseverare diabolicamente nelle politiche di sviluppo che sono fallite.
Ma rimane l’arroganza, la supponenza, perfino la strafottenza dei vari Olimpi di potere globale, per esempio banche Internazionali di sviluppo o groppuscoli di pochi intimi come il G8 o il G20, che pretendono di decidere cosa si deve fare, senza lasciare invece decidere ai tre miliardi di poverissimi che solo vorrebbero le loro bricioline di opportunità.
Ci sono, però, reti di partecipazione dei poveri all’identificazione delle priorità per il proprio futuro.
Una di queste è Beyond2015.net che ha raccolto l’opinione di migliaia di gruppi di innovatori sociali che lottano contro la propria povertà a livello di base. Sono emersi così 11 nuovi obiettivi per una globalizzazione giusta e pacifica:
- Crescita inclusiva con mezzi di sussistenza dignitosi a disposizione di tutti
- Sicurezza alimentare e nutrizionale, cioè cibo sufficiente e acqua pulita grazie a un patto globale monitorato da autorità transnazionali
- Istruzione e accesso all’informazione adeguate per tutti, necessarie per la piena partecipazione alle scelte
- Buona salute fisica, mentale e benessere sociale senza esclusioni
- Sicurezza per garantire la libertà da ogni forma di violenza diffusa
- Vera ed universale parità di genere che consentano agli uomini e donne nelle diverse società di partecipare e beneficiare allo stesso modo delle opportunità, nel rispetto dei diritti delle prossime generazioni
- Comunità preparate ai rischi dei disastri naturali e causati dall’uomo
- Infrastrutture di qualità per un accesso universale all’energia, trasporti e comunicazioni moderne e sostenibili
- Responsabilizzare le persone a realizzare i loro diritti civili e politici
- Gestione sostenibile della biosfera, grazie a vere e forti leggi ambientali globali
- Governance globale e regole eque per realizzare il potenziale umano di ciascuno, un chiaro riconoscimento della interdipendenza di tutti gli obiettivi precedenti e di una necessità di una qualche forma di governo globale democratico, giusto, trasparente e intelligente dei beni pubblici planetari.
La principale novità è che i poveri propongono di non usare ricette del passato per cucinare le sfide del futuro.