di Adriano Noli | 18 giugno 2013
80 con fattura o 50 senza?
Scontrino o sconticino?
Quante volte ci capita di sentire queste domande? E (diciamocelo) quante volte rispondiamo la cosa giusta?
Ultimamente riflettevo sull’impatto che hanno avuto alcune app; ad esempio, tassa.li, l’app tramite cui segnalare negozi che non fanno lo scontrino. Dopo una fase di successo, quasi tutte queste esperienze hanno avuto cali sensibili e sono state usate molto meno del loro potenziale. Perchè? Perchè questi strumenti mettono le persone in una condizione sgradevole, quella del controllo degli altri.
Il civic engagement è davvero questo? Io non credo.
Credo che, se davvero dobbiamo educare noi stessi ad una diversa sensibilità civica, dobbiamo dare agli altri la possibilità di agire su di noi, più che arrogarci il diritto di agire sugli altri. Ma le esperienze attualmente in commercio ci mettono gli uni contro gli altri, invece di avvicinarci.
Un progetto di social innovation che vorrei vedere e non vedo, e spero che i lettori me lo segnalino se ne conoscono, è un progetto che miri a dirci quanto siamo uguali nella tentazione di rispondere “50 senza” e che ci unisca nel rifiutare.
Ok: ci sono le scuole, le cooperative e le organizzazioni di volontariato; le persone e le politiche; le pratiche come la gamification.
Ma le tecnologie? Come potrebbe essere una app che ci accompagna nella scelta civica migliore di fronte ad una situazione?
Sicuramente niente può sostituire la nostra volontà di essere cittadini migliori; ma se ideascale e wikipedia stanno cambiando la partecipazione e la conoscenza, cosa potremmo inventare che cambi la nostra percezione della legalità?
A Milano, dove vivo, pochi sono odiati come gli ‘ausiliari della sosta’, cittadini che aiutano i vigili nel controllo (e nelle sanzioni) delle macchine in doppia fila o in divieto. Eppure, il modello digitale del civic engagement ricalca da vicino quello analogico. Cosa possiamo creare che ci spinga a dire che non vogliamo lo sconticino ma lo scontrino?