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La percezione è più importante della realtà?

Di Sandro Calvani, Strategic Adviser e Presidente del Comitato Scientifico della Social Change School

La percezione è più importante della realtà. Se qualcuno percepisce qualcosa come vera, [quella sua percezione] è più importante che il fatto che la cosa in realtà sia vera. Questo non significa che dovresti essere in malafede o ingannevole, ma non sforzarti di correggere percezioni che non sono vere se giocano a tuo vantaggio. (Ivanka Trump) [1].

Questa è una citazione di una frase di Ivanka Trump. Quando l’ho letta sono rimasto basito per la sua chiarezza nel dichiarare l’accettabilità del falso.

La giovane Ivanka Trump, figlia del futuro Presidente degli Stati Uniti, esprimeva così nel 2009 il suo rapporto con la verità e le percezioni false, quelle proprie e quelle degli altri. La frase è estratta da un libro-intervista, autorizzato da Ivanka Trump; non è dunque una battuta estemporanea, presa fuori contesto, oppure una battuta scappata con le amiche negli spogliatoi delle donne.Nell’Ottobre 2009, Ivanka aveva appena compiuto 28 anni, si era appena sposata e da due mesi si era convertita dal cristianesimo presbiteriano al giudaismo ortodosso.

Non sappiamo se la citazione, che è divenuta molto famosa, abbia qualcosa a che fare con le sue vicende personali. Infatti siamo tutti d’accordo nel riconoscere che quando siamo innamorati, pensiamo che la persona amata sia la migliore al mondo e spesso non vediamo i suoi difetti. Da innamorati preferiamo credere alla nostra percezione della realtà, invece che alla realtà. E in tutte le religioni ci sono delle “verità di fede”, cioè dei fatti che è impossibile riconoscere come reali, con prove scientifiche o storiche, e pertanto le persone di fede ci credono per fede, anche se un’analisi scientifica di tali realtà suggerirebbe che si tratti invece di falsità. Anche la seconda parte della citazione di Ivanka Trump corrisponde ai comportamenti di molti innamorati e di molte persone di fede, che appunto non si sforzano di correggere una percezione falsa perché è un loro vantaggio.

Questi atteggiamenti rispetto a verità e percezioni false sono ormai completamente rifiutati in società evolute per quando riguarda le relazioni con i beni comuni, la gestione della cosa pubblica, le professionalità che decidono della vita e della qualità della vita di tutti. Pertanto, per esempio, nessun giudice accetterebbe di lasciar parlare in aula un procuratore della repubblica che accusasse un sospettato in base alle sue percezioni, senza offrire prove. Lo stesso vale in temi di salute pubblica dove un chirurgo che pensa che un cancro al polmone si possa curare con limone e bicarbonato viene ovviamente espulso dalla professione. Perfino in realtà ben più banali, come per esempio una pizza napoletana, chi esprime la sua percezione che la marmellata di fragole con la panna ci sta meglio del pomodoro con la mozzarella, viene esorcizzato da tutti come un giullare. Chi esprimesse una tale convinzione avrebbe zero probabilità di essere assunto come pizzaiolo.

Tali ostracismi comuni nella vita di ciascuno di noi contro le percezioni false sono limitazioni della libertà di espressione? La libertà di espressione è una diritto espresso fin dai primi esperimenti di democrazia degli ateniesi ed è sancito in molte costituzioni nazionali moderne, compreso il primo emendamento della costitutione americana. Sono però ugualmente forti i principi del diritto che sanciscono le limitazioni al diritto di opinione, che sono tutte parti del concetto che la libertà di espressione non è ammissibile se provoca grave danno ad altri. Per questo non è mai permessa la diffamazione, la falsificazione di documenti, l’istigazione all’odio e alla ribellione, la diffusione di notizie false che causano panico, come per esempio chi si mette a gridare “al fuoco” in un luogo affollato. Allo stesso modo chi nella pubblica amministrazione crea o usa una notizia falsa per facilitare una decisione dannosa alla gente è perseguibile per falso in atto pubblico in tutti i sistemi giudiziari moderni, in ogni parte del mondo.

Eppure l’approfittare di notizie false se sono di proprio vantaggio, come suggerisce Ivanka Trump, sembra invece essere largamente tollerato e certamente non sembra perseguibile nelle campagne politiche per le elezioni democratiche, e perfino dopo le stesse campagne nella propaganda politica.

Erano false le principali asserzioni dei sostenitori della Brexit, era falsa l’accusa dei sostenitori di Donald Trump a Hillary Clinton di gestire un traffico di minori, è falsa l’argomentazione che il cambio climatico non esiste ed è un’idea creata dal governo cinese, è falsa la credenza che l’aumento di immigrati fa crescere la criminalità ed è falso definire il terrorismo come una grave minaccia del nostro tempo. Sul terrorismo basta infatti osservare che tra il 2000 e il 2015 gli attacchi terroristici hanno causato 90 morti nel Regno Unito (il paese più colpito dal terrorismo in Europa), cioè in media 6 persone l’anno. Nello stesso paese muoiono invece per incidenti in bicicletta 120 persone l’anno. Nel Regno Unito erano state 1094, oltre dieci volte di più, le vittime del terrorismo nei 15 anni precedenti e addirittura 2211 tra il 1970 e il 1985. Tutte queste false asserzioni o percezioni, che in politica e in campagna elettorale si lasciano correre perché avvantaggiano una parte, sono divenute ben più di un vantaggio; in un’epoca in cui le ideologie politiche vanno scomparendo, le false percezioni sono sempre più spesso necessarie per tenere insieme un gruppo politico e per costruire una vittoria elettorale. 

La libertà di opinione (o la libertà di iperbole e di esagerazione) è anche l’anima del marketing, dove la pubblicità dice spesso il falso e resta impunita. Tuttavia, se, per esempio, un’impresa automobilistica trucca i dati delle emissioni di gas dannosi, viene punita con multe molto pesanti. Se una caratteristica di un alimento è falsa i consumatori reagiscono con un boicottaggio. Chi osserva che -anche grazie ai social network- il falso è ormai “ambientale”, cioè onnipresente come l’aria, non si dovrebbe scandalizzare più di tanto che sia divenuto anche uno strumento tollerato di lotta politica. E non sorprende il crollo dell’interesse dell’opinione pubblica per la politica, vista come una professione di falsità e corruzione. Peraltro, che fiducia si può riporre in soluzioni proposte e votate per risolvere problemi falsi?

Chi spera ed aspira alla politica come arte nobile di servizio pubblico, dovrebbe allora preoccuparsi prima di tutto e con urgenza di ottenere leggi che vietino e perseguano il falso nelle campagne elettorali, almeno quanto esso è già vietato in altri servizi pubblici, come la sanità o la giustizia.

E un punticino di coerenza e trasparenza andrebbe riconosciuto alla giovane Ivanka Trump, per aver palesato i suoi criteri etici, manifestando la percezione falsa come importante e accettabile se gioca a proprio vantaggio. A pensarci bene, se chi insiste nel rendere le vaccinazioni una decisione di libera opinione, oppure chi tollera la dichiarazione di gravità del terrorismo facesse lo stesso, forse tutto diverrebbe più facile da consensuare: pensate un po’ a un leader politico, o un presidente di regione che dichiarasse: “so benissimo che quel che sto per dirvi non è vero, ma lo dico perché gioca a mio vantaggio”.

Leggi anche gli altri contributi di Sandro Calvani per il Blog4Change.

[1] Ivanka Trump, nel libro The Trump Card: Playing to Win in Work and Life, La carta vincente, giocando per vincere nel lavoro e nella vita, Touchstone, Simon & Schuster, New York, 2009.

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