di Sandro Calvani |14 maggio 2013
“Veronica secondo te di quale innovazione sociale ha bisogno il tuo paese?” “Credo che dovremmo cercare di educare davvero l’intera nazione, un bambino alla volta”. Una bella formula, no? Forse adatta a risolvere rapidamente l’intero panorama di problematiche di innovazione sociale che vivono i tutti i popoli del mondo.
Ma se apriamo l’orizzonte di ricerca all’intera storia del cambio sociale nei secoli passati scopriamo che la novità non è certo l’educazione che aveva già visto altri pionieri del cambio sociale come ad esempio, Don Bosco, Maria Montessori , Giovanni Battista de La Salle e Paulo Freire.
La vera novità non sta nello strumento ma nel modo di usarlo e nella disponibilità a cambiare metodo ogni giorno adattandolo ai nuovi bisogni.
Veronica è una giovane pioniera dell’innovazione e dell’imprenditoria sociale in Indonesia.
Nel suo paese sconfinato di 1,9 milioni di chilometri quadrati (oltre sei volte l’Italia), con 18.000 isole e 237 milioni di abitanti, Veronica ha deciso nel 1999 di investire piccole somme di denaro, con il sistema del microcredito scommettendo sul fatto che le fasce più deboli come 2,4 milioni di bambini indonesiani che lavorano nelle fabbriche o nelle strade, invece di essere a scuola, potrebbero divenire una risorsa per l’economia e la società.
Il fatto che un bambino indonesiano ogni otto minuti abbandona la scuola era visto da Veronica come uno scandalo e un’enorme opportunità di innovazione sociale.
Nel 1999 Veronica e la sua squadra di giovanissimi imprenditori www.ycab.org fecero i primi programmi per strappare 2000 ragazzi l’anno dall’emarginazione cui li condannava la loro estrema povertà ed analfabetismo. 14 anni dopo oltre due milioni di ragazzi sono stati protagonisti della migliore impresa sociale Indonesiana che ha anche ricevuto diversi premi delle Nazioni Unite e del World Economic Forum. Il rendimento di quegli investimenti è di circa il 50.000 % in termini di persone e l’indice di mora del micro-credito inferiore al 2%.
Una rivoluzione simile la fanno a Bogotà in Colombia i ragazzi delle periferie più povere che si sono auto-denominati Escuela Viajera “scuola viaggiatrice” http://escuelaviajeraencolombia.blogspot.com .
Il loro cammino è in pratica una maratona immaginaria quotidiana non competitiva, che non lascia mai indietro nessuno, mano nella mano con i bambini, gli adolescenti, i giovani nelle zone urbane e rurali più povere di Bogotà e Soacha attraverso approcci pedagogici adeguati ai bisogni e agli interessi delle loro identità e territori specifici.
È un ex-ducere, un’educazione re-interpretata come il tirarsi fuori non solo dall’ignoranza ma anche dall’emarginazione sociale, riprogettando da capo non solo ogni proprio modo di essere nella comunità ma l’intera vita della comunità, dandole una nuova architettura economica e sociale sostenibile.