di Chiara Lanucara | 7 maggio 2013
Alle porte della VI edizione del Festival del Fundraising ci chiediamo chi stia diventando il Fundraiser e quali siano gli sviluppi di questa figura professionale che attualmente è una delle più richieste e formate nel settore no profit, senza dubbio un vero e proprio cavallo di razza nella morsa della crisi occupazionale.
Come gli esperti navigati in materia ci insegnano, il fundraising è la raccolta fondi ma anche l’investimento sociale, il networking, la condivisione e soprattutto la fiducia, la madre di ogni successo.. e questi tempi bui lo confermano.
Ci basta visitare alcuni dei blog più rappresentativi del settore in Italia per capire che, in un momento storico di smarrimento e crisi identitarie e professionali per noi giovani (e non), c’è bisogno di dimostrare qualcosa in più… non solo numeri.
Capofila della protesta contro il fundraising a percentuale è l’ASSIF (Associazione Italiana Fundraiser) che lancia sul web la campagna di sensibilizzazione ZEROXCENTO contro la retribuzione a percentuale dei professionisti del settore.
Un fundraiser è prima di tutto uno stratega e un comunicatore e l’efficacia della sua attività dipende da una serie di fattori che spesso e volentieri esulano dall’incentivo economico.
La percentuale, cara al settore commerciale dai tempi dei tempi, può creare pericolo e disattenzione per la causa mutando i comportamenti e le intenzioni del professionista che sa che il suo operato è, prima di tutto, frutto di una costante attività di sharing e competenze accanto ad etica professionale e passione.
Che il fundraising stia diventando troppo aggressivo lo conferma anche Massimo Coen Cagli, Direttore scientifico della Scuola di Roma Fund-Raising.it, il quale denuncia la deminutio di fiducia nel pubblico causata da campagne “invadenti”.
Una spia rossa per tutti gli addetti ai lavori che rischiano di realizzare delle campagne di raccolta fondi poco adeguate e di svilire i buoni intenti e la professionalizzazione del settore non profit, mutando i sentimenti della società civile e la fiducia che ci lega come uomini prima che come mestieranti.
Che questo monito ci sia d’aiuto per guardarci dentro e ricordarci che in un momento storico così confuso, il soldo facile non può fare la differenza, o almeno non come nel lungo periodo la possono fare la fidelizzazione e l’onestà.