“Tu lo sai da dove arrivo”?

E’ l’aria che ti pervade quando si apre il portellone dell’aereo che ti fa capire che sei atterrato in una terra di mezzo.

E’ la gente che mangia cous cous e granita al pistacchio che ti fa sentire tra due realtà che convivono e mescolano culture diverse, creandone una nuova … bellissima.

E’ la gentilezza delle persone che ti fa pensare che l’integrazione può esistere.

 

Ho percorso 20 km di accoglienza.

Ho parlato con donne sedute fuori le loro case che hanno cucinato chili e chili di pasta,(tassativamente senza carne) per i “negretti”, che hanno messo le loro multiprese della corrente fuori le finestre, affinchè potessero ricaricare i loro cellulari.

Ho conosciuto uomini che dieci anni prima erano sbarcati e che adesso avevano voglia di tornare dove tutto è iniziato, solo per rivedere da lontano la loro terra e donne che mi ripetevano di conoscere perfettamente ciò che le aspettava durante la traversata, ma se non hai scampo, i rischi li corri e per un attimo, mentre navighi, apprezzi quella brezza di libertà e inizi a sognare un futuro diverso.

 

Ho lavorato con volontari che volevano cambiare le cose, combattere una politica razzista, dare sostegno a chi arrivava e ringraziare chi da sempre si batte per i diritti di una terra stupenda che è diventata un cimitero.

 

I morti sono morti

E questi morti riguardano me, te, dirigenti,  barboni, l’Italia, l’Europa, il Mondo.

E oggi li dobbiamo piangere.

 

Perché di fronte a tragedie del genere, solo a questo punto, la società si smuove e attiva il canale lacrimale in maniera meccanica.

 

E allora piangiamo, restiamo in silenzio per un minuto.

 

E poi domandiamoci: Ma domani dove saranno finite queste lacrime?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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