Sandro Calvani| 1 Settembre 2015
In Luglio 2015 ho partecipato a New York al Foro Politico di Alto Livello sullo Sviluppo Sostenibile. Era l’ultima consultazione globale presso le Nazioni Unite per decidere un piano per il Progresso Umano dopo il 2015. Le conclusioni e le raccomandazioni raggiunte in Luglio sono state presentate nella seconda metà di Settembre a una sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che approverà la versione definitiva degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), che rappresentano l’agenda per il progresso dell’umanità nel 2015-2030. Il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon l’ha chiamato “un accordo per la trasformazione del mondo verso la dignità dell’umanità”. Leader delle organizzazioni della società civile hanno parlato di “una promessa globale per non lasciare nessuno indietro”. È certo un salto di qualità rispetto agli Obiettivi dello Sviluppo del Millennio (2000-2015) perché il nuovo accordo mondiale rappresenta un programma di progresso sostenibile, in campo economico, sociale ed ambientale, per il mondo intero e non solo per il mondo in via di sviluppo. E perché per realizzarlo questa volta sono state ascoltate migliaia di organizzazioni della società civile e non solo i governi; ha partecipato anche il mondo accademico e quello delle imprese.
Se il piano fosse realizzato come promesso, certo vedremmo una nuova dignità del genere umano affermarsi prima del 2030, una forte riduzione di conflitti, corruzione ed incompetenza dei politici, una forte crescita della giustizia planetaria ed un miglior uso delle risorse e dei beni comuni. L’agenda si compone di 169 obiettivi di sviluppo, raggruppati in 17 temi principali (vedi tavola riassuntiva)[1].
Tra i punti deboli dell’accordo globale, c’è l’assenza di un deciso impegno per il disarmo, di un forte nuovo sistema di tassazione delle rendite finanziarie, e la pari importanza data a tutte le 17 aree di sviluppo sostenibile, senza dare una forte priorità né alla lotta alla povertà e alla fame, né ad una crescita straordinaria dell’aiuto umanitario che si renderà necessario nei prossimi anni. Il nuovo programma planetario riconosce per la prima volta i limiti planetari imposti dalla Terra ai suoi abitanti e promette di accelerare gli adattamenti necessari per mitigare l’impatto del cambio climatico.
Nel dibattito che ha portato all’accordo che sarà approvato in Settembre 2015 sono emerse alcune condizioni necessarie per realizzare gli obiettivi proposti.
- Si dovranno misurare i progressi verso gli obiettivi tenendo conto delle specificità e degli sforzi relativi di ciascun paese, andando oltre il PIL e la crescita economica;
- Sarà necessario responsabilizzare tutti i paesi, attraverso un processo inclusivo di definizione della nuova agenda e stabilendo le responsabilità comuni ma differenziate in base ai contesti nazionali, promuovendo la coerenza delle politiche per lo sviluppo;
- Ogni nuovo programma nazionale dovrà includere le dimensioni economiche, sociali ed ambientali della sostenibilità, con un approccio che sia basato sulla tutela dei diritti umani, sulla giustizia sociale ed il buon governo, tale che possa dare il via a riforme strutturali che definiscano un nuovo modello sostenibile di risposta alle sfide globali;
- Bisogna mettere in marcia da subito una partnership globale per lo sviluppo davvero nuova che consenta di oltrepassare il paradigma Nord e Sud, coinvolgendo tutti gli attori dello sviluppo, responsabilizzando il settore privato e prevedendo meccanismi di trasparenza e rendicontazione.
[1] Per saperne di più: https://sustainabledevelopment.un.org/index.php?page=view&type=400&nr=1579&menu=35