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‘Conosciamoci!’: Eloisa Armini, Communication Officer

Prosegue il nostro viaggio esplorativo fra i componenti della grande famiglia della Social Change School; sono loro i volti, le persone, le anime che portano avanti azioni e ideali che da quasi venti anni contraddistinguono la scuola, rendendola un punto di riferimento per la formazione nonprofit.

Oggi conosceremo meglio Eloisa Armini, Communications Officer della Social Change School. Ciò che si nota immediatamente quando si incontra Eloisa sono l’incredibile energia che riesce a trasmettere e la sua positività. 
 
Ciao, Eloisa! Puoi presentarti ai nostri lettori?

Ciao! Mi chiamo Eloisa e lavoro come Communications Officer per la Social Change School da Aprile 2017. 

Perché lavori nel terzo settore?

Ho iniziato a fare volontariato nella mia parrocchia, acquisendo sempre più responsabilità man mano che crescevo. Poi nel 2014 sono partita per la Colombia e ho sperimentato la bellezza del lavorare per qualcosa in cui credi, lavorare per portare un cambiamento positivo nella società… Appena tornata da questa esperienza ho iniziato a lavorare come volontaria per due organizzazioni, AIESEC e Random Acts, la prima la più grande organizzazione nonprofit giovanile al mondo, la seconda una organizzazione nonprofit con base negli Stati Uniti. Da quel momento in poi ho iniziato a conoscere meglio il terzo settore, sono diventata prima Vicepresidente e poi Presidente di AIESEC Roma Sapienza ed è proprio grazie a questa esperienza che ho conosciuto Social Change School. In sintesi, potrei dire che lavoro nel terzo settore perché adoro lavorare, adoro le sfide, ma soprattutto adoro quella sensazione unica che ti dà il lavorare per qualcosa di superiore, qualcosa in cui credi veramente.

 

Parlavi della tua esperienza in Colombia… Sicuramente c’è una storia interessante dietro.

Credo che la Colombia sia stato il punto di svolta: è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere soprattutto in consapevolezza. Ero in Colombia per insegnare l’inglese ai bambini del sud di Bogotà, la parte più povera della capitale colombiana. Non credo di essere diventata un’insegnante migliore, ma di sicuro ho imparato l’importanza di essere solution oriented, del lateral thinking e soprattutto della persuasione e della mediazione. A quei tempi vivevo in una casa che ospitava 10 persone che venivano tutte da paesi diversi e credo sia stata questa l’esperienza più formativa di tutte. Me ne sono tornata a casa con un buon network e con la consapevolezza che, se vuoi qualcosa, sei tu quello che deve fare lo sforzo di ottenerla. Con queste idee per la testa, ho iniziato a lavorare per Random Acts come Social Media Officer e per AIESEC come Responsabile di PR, Comunicazione e Online media.

 

Per quanto riguarda l’esperienza in AIESEC come Vicepresidente prima e Presidente poi, hai da raccontarci qualche aneddoto? Quale è stato il momento più significativo della tua esperienza?

Ciò che ho imparato per primo in AIESEC è che se una cosa non ti sta bene e nessuno ascolta quello che hai da dire, devi alzare la voce o prendere la situazione in mano. A quel punto ho pensato alle parole di mia madre: “Se non ti piace il capo, studia da capo”; ho fatto esattamente questo e nel giro di pochi mesi sono stata eletta Vicepresidente degli scambi professionali. È stato un anno difficile, perché i risultati stentavano ad arrivare, poi ho capito il trucco per avere successo nella mia area: il team! Con un team motivato e che lavora per obiettivi, siamo riusciti a far crescere l’area e abbiamo raggiunto dei numeri che il nostro comitato non aveva mai visto prima.

Poi sono stata eletta Presidente per il 2017 ed è stato un anno intenso, lo sforzo di conciliare lavoro, volontariato, studio, amici, famiglia dopo un po’ logora, soprattutto quando sei una persona che vuole sempre fare tutto al meglio… Quindi anche qui altre lezioni per Eloisa: l’importanza di delegare, di prendersi cura del team (senza dimenticare di prendersi anche cura di se stessi), il time management, le priorità e anche la capacità di scegliere quali sono le cose davvero importanti, perché non si può fare tutto. Non ho un momento più significativo, perché l’esperienza in AIESEC è formata da tantissimi momenti, tutti significativi e che ti cambiano, e solo quando hai finito il tuo percorso in AIESEC ti rendi veramente conto di quanto ti ha dato.

 

Quale è stata la sfida più grande nella tua carriera fino a questo momento?

Quando mi sono candidata come Presidente per il 2017. Mi sono candidata nonostante una serie di fattori che andavano contro di me: il lavoro, problemi in famiglia, lo studio, i volontariati che mi toglievano il poco tempo libero rimasto. Alla fine, mi sono candidata perché ci credevo, credevo in AIESEC, ma soprattutto tenevo con tutto il cuore alle persone che componevano il mio comitato. Mi sono candidata al primo round di election e… Non sono stata eletta! È stata una grande delusione per me, perché ho sempre pensato che se credi in qualcosa, sicuramente riuscirai ad ottenerlo… Ho dovuto combattere con la vocina che ti dice che non sei all’altezza, che non sei in grado, che se non ti hanno eletto vuol dire che non credono in te, che è destino… Per poi arrivare a una conclusione: io credo in me stessa, io credo nell’organizzazione e sono disposta a lavorare più di tutti gli altri e se è vero che ci credo, potranno dirmi di no quante volte vogliono, ma non mi fermeranno. La posizione non era ancora stata presa da nessuno, così mi sono candidata al secondo round di election ed eccomi qua, Presidente del 2017, eletta all’unanimità. La sfida più grande per me è quando metti in dubbio chi sei e ciò in cui credi. E superarla significa accettare le proprie debolezze e lottare ogni giorno per migliorarsi.

 

Quale è la cosa che ti piace di più del tuo lavoro attuale? E quale cosa ti piace di più della Social Change School?

La cosa che adoro del mio lavoro attuale è che ogni giorno è una nuova sfida, un nuovo obiettivo, una nuova task. Quando lavori nel nonprofit non puoi aspettarti che il tuo lavoro rimanga sempre uguale, ma ci saranno mille prove diverse, che sì, ti mettono alla prova, ma che ti danno la soddisfazione di sapere che hai superato i tuoi limiti o che hai imparato qualcosa di nuovo.

La cosa che mi piace di più della Social Change School è l’importanza che dà al Network. Sia a livello di Ufficio Comunicazione, dove lavoro, sia per il Career Development, sia per cosa insegna agli studenti. Un fellow della Social Change School ha tutto davanti a sé, e se vuole qualcosa deve solo fare un passo in più. Adoro il fatto che la Scuola dia la possibilità agli studenti di fare network, di conoscere gente e NGO, senza regalare niente a nessuno, perché il terzo settore funziona così.

 

Quale è la grande causa che ti preme e ti interessa più di tutte?

L’educazione, che poi è anche uno dei motivi per cui amo lavorare per la Social Change School. Pensando ai Global Goals for Sustainable Development delle Nazioni UniteQuality Education è quello che credo possa rivoluzionare il mondo. Chi mi conosce sa che sono anche una irrefrenabile sostenitrice del Gender Equality, che è la causa che più mi interessa insieme all’educazione; ma credo fermamente che anche l’uguaglianza di genere dipenda dall’educazione, perché è attraverso l’educazione che possiamo insegnare e promuovere una cultura di parità tra i sessi.

 

Per concludere questa intervista, hai un piccolo spazio motivazionale: quale messaggio vuoi lasciare a chi ci segue?

Forse è l’essere italiana che mi fa pensare in questo modo, ma ecco il mio messaggio: non aspettate aiuto e non dubitate di voi stessi. Se volete un lavoro nel nonprofit, lottate per averlo. Ma questo non significa arrabbiarsi o lamentarsi, significa anche muoversi in maniera intelligente: pianificate il vostro futuro, la vostra carriera; guardate dove volete arrivare ed entro quando; siate onesti con voi stessi e in relazione al mondo del nonprofit, sapendo cosa vi potete aspettare e di cosa avete bisogno; siate umili e chiedete supporto, siate consapevoli dei vostri limiti, studiate – se dovete – e parlate con chi lavora nel settore, perché si impara da ogni esperienza.

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